7° Trofeo Angelo Rota 2017

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Eccoci qua, un’altra gara è andata… e questa volta era la decima da quando ho ripreso l’attività dopo l’incidente (se si esclude l’apparizione a cavallo fra il pietoso e il folcloristico dei campionati italiani 2016). Cavolo, ho fatto più gare in 7 mesi che in un anno intero gli anni precedenti… chissà se sto cominciando a farci il callo alle gare!? Beh, magari il callo proprio no ma almeno non sono più così atterrito come lo ero fino a un paio di anni fa. Diciamo che i Mondiali 2015 sono stati la chiave di volta per non “patire troppo” le gare domestiche. Però non è che riesca ad andare in gara ogni volta con tutto l’entusiasmo necessario, anzi. Mano a mano che la gara si avvicina spesso la carica diminuisce progressivamente, la fifa aumenta e il diavoletto del “ma chi te lo fa fare?” ogni tanto si presenta a bussare alla porta.
Il pensiero che si andrà “anche” a soffrire toglie sempre un po’ di impeto, ma è proprio lì che dobbiamo cercare dentro a noi stessi delle altre risorse, per tirare fuori quella determinazione e quel pizzico di sana cattiveria che ci servono per affrontare le gare. E anche questa volta, a Dalmine, vicino a Bergamo, le cose non sono andate diversamente. Nella gara di apnea dinamica (7° Trofeo Memorial Angelo Rota – organizzato dal C.I.U.C.A. Sub di Bergamo), si poteva partecipare a scelta fra DNF (Rana), DYN Bipinne e DYN Monopinna. Visto che ai Campionati Italiani Primaverili di Bari, la DNF era la prova che mi era andata peggio e nella quale non ero nemmeno riuscito a portare a casa una medaglia, in vista degli imminenti Campionati Italiani Assoluti, ho deciso di scegliere proprio quella come specialità, pensando di testarmi al fine di verificare se valesse la pena partecipare ai Campionati Italiani anche con la DNF.
I giorni precedenti l’avevo un po’ allenata ma senza sensazioni particolarmente lusinghiere, per cui mi sono presentato alla gara con poche certezze sul mio potenziale. Pensavo comunque di tirare abbastanza, col rischio di uscire male, per vedere cosa fossi in grado di combinare (meglio bruciarsi una sola gara piuttosto che quattro…).
Le mie solite sfighe latenti erano ovviamente sempre pronte: questa volta pancia gonfia e ancora un dolore al fianco per una probabile costola incrinata; ho fatto di peggio. Solo in 4 Elite gareggiavamo in DNF, Francesco Franceschinis, da poco entrato in Elite, l’amico Francis Crawford ed il mitico Andrea Vitturini che, dopo un lungo periodo di sosta forzata, con tutte le giornate e le discipline che poteva scegliere, ha scelto proprio Dalmine e la DNF per riprendere le competizioni, ma perchè??? e vabbè… siamo amici e per stemperare la tensione abbiamo scherzato in acqua fino a 5′ dalla partenza.
Vediamo quindi la vasca: beh, della vasca di Dalmine (25.04 m di lunghezza), avevo solo sentito parlare male: acqua molto fredda e buca che occupa quasi metà vasca. Da un lato poi, acqua molto bassa (1,35m), un bel casino per una disciplina in cui l’assetto è così fondamentale come la DNF. Decido di non partire a secco ma fare un po’ di riscaldamento per testare l’assetto e mi accorgo che, oltre a quanto appena detto, anche il tratto a bassa profondità non è orizzontale ma ha anch’esso una certa pendenza verso la buca; perfetto, una vasca per la rana senza nemmeno un metro in cui si può mantenere la distanza dal fondo costante… bello, mi piacciono un po’ di imprevisti. Però provando la vasca mi è sembrata molto bella, scivolosa, e il “fresco” poteva essere di ristoro nelle fasi più critiche della prova. Ma si dai, tutto sommato non mi dispiace sta vasca.
Ok, ma cosa andiamo a fare? Burt (il mio allenatore) mi dice: “tranquillo, vai avanti fino a quando ti fanno male le gambe e da lì vai avanti ancora un po’…” Semplice no? Andrea parte 4′ prima di me. Che faccio, aspetto di vedere cosa combina? Meglio di no, va… che poi mi fa chiudere la vena…alla sua virata dei 100m e poco dopo aver sentito chiamare i miei -2′, decido di partire.
La vasca è scorrevole e l’assetto che mi sono preparato (accrocchiando due giorni prima sul mio collare una lastrina di piombo aggiuntiva e sopratutto una cavigliera da pesca da 1/2 kg, con tanto buon nastro isolante), mi lascia rilassare adeguatamente fra una spinta e l’altra (anche troppo perché vedendo i filmati ero veramente troppo scomposto). Procedo a ritmo 3G+1B e i primi 50m vanno via tranquillissimi. Viro, comincio a soffrire ma arrivo ai 100m piuttosto meglio del solito… figo, andiamo avanti.
Arrivo al muro dei 125, viro e mi dico: tutto qua? Dai, allora a sto giro i 175m me li vado a prendere. La virata dei 150 non la considero nemmeno, sono già proiettato oltre, voglio quel muro e mano a mano che si avvicina mi rendo conto che quel muro non mi basta più, dai che una virata e una spinta gliela mettiamo (chissà che facce staranno facendo qui fuori ahahah).
Viro i 175m, mi spingo e si, dai, ancora un pochino, ancora un pochino, e poi quella sensazione di ignoto di chi sta superando di troppo il proprio massimale: “ma dove cacchio vai??? Esci và, non fare il c…ne!
Esco dopo 3’31” e 184.12m di distanza, respirazione di recupero, tocco il disco, prova valida, applausi, sono contentissimo, però esco, vedo dove sono e mi rendo conto che c…ne lo sono stato a non dare un paio di spinte in più: il record italiano di Alessandro Zacheo (vecchio di appena un mese), era a 188m, cavolo. Non ho mai fatto un record italiano (se non forse per 5′ ai mondiali di Mulhouse 2015, sempre in DNF), e non l’ho fatto nemmeno oggi, peccato, almeno una volta mi sarebbe piaciuto.
Vabbè, dai, come al solito uno stimolo in più per le prossime volte!

 

Ascolta l’intervista di Mauro appena uscito dall’acqua QUI